"La mia anima, come una nave nella burrasca, è
trascinata verso ignoti abissi": quando Jean-Luc Daguerne scoprirà dentro di sé
"quel desiderio di tenerezza, quel disperato bisogno di amore" che ha sempre
negato e represso, saprà anche che non riuscirà mai a soddisfarli. Lui, che per
tutta la vita non ha sognato altro se non di "afferrare il mondo a piene mani",
soprattutto quello vicino al potere, e che per riuscirci ha messo incinta la
figlia di un ricco banchiere, costringendo così il padre a dargliela in moglie;
lui, che ha accettato di essere umiliato, di mentire, di adulare, di fare il
doppio gioco, che ha inaridito il proprio cuore perché potesse affrontare senza
fremere "un mondo di imbroglioni e di sgualdrine": ebbene, proprio lui si
troverà di fronte all'impossibilità di farsi amare dall'unica creatura che abbia
amato in vita sua, dall'unica donna nelle cui braccia abbia sentito riemergere
in sé, fino a soffocarne, la sua fragilità di bambino. Allora non gli importerà
più niente della sua carriera politica, né del successo tanto rabbiosamente
cercato. E si chiederà che senso abbia avuto tutto quel lottare ansimante per
sottrarsi a un destino di miseria, per intrufolarsi negli ambienti giusti, per
avere in mano le carte vincenti. Alla fine, il patto faustiano si rivela una
beffa, e il successo che, "da lontano, ha la bellezza del sogno, allorché si
trasferisce su un piano di realtà appare sordido e meschino".
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